CULTURA SALENTINA

Sia dal punto di vista linguistico sia da quello architettonico, folkloristico ed enogastronomico, la penisola salentina si caratterizza per tratti comuni che la distinguono dal resto della regione.

Una questione da tempo dibattuta è quella relativa ai confini culturali del Salento che non corrisponderebbero ai limiti geografici della penisola salentina, ma delimiterebbero un territorio più piccolo, variabile a seconda dell’elemento caratterizzante che viene preso in considerazione. Per esempio la convenzione qui seguita pone fuori del Salento i territori (che da un punto di vista geografico possono pur sempre definirsi salentini) di Massafra, Statte, Montemesola, Crispiano, Martina Franca, Cisternino e Fasano. Ma nel caso in cui faccia da discriminante il dialetto, rimarrebbero fuori anche centri importanti come Taranto o Ostuni. In Terra d’Otranto esistono due culture molto antiche, la Grecia salentina in provincia di Lecce ( Il territorio della Grecìa salentina, caratterizzato da un’identità culturale a sé stante, comprende undici comuni, per un totale di 54.278 abitanti : Calimera, Castrignano de’ Greci, Corigliano d’Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia e Zollino della provincia di Lecce, si aggiungono Carpignano Salentino e Cutrofiano ) e l’antica Arberia in provincia di Taranto, San Marzano (TA). Sia la cultura della Grecia salentina che l’Arbereshe sono tutelate dallo Stato Italiano. Nel Salento, tra Ostuni, Ceglie, Taranto a nord, e Grottaglie, Francavilla Fontana, San Vito dei Normanni a sud cade la linea di confine fra le due grandi famiglie dei dialetti dell’Italia meridionale. Il dialetto salentino è molto diverso da quelli della Puglia centro-settentrionale.

Le differenze tra il dialetto salentino e il pugliese riguardano tanto la fonetica quanto l’aspetto lessicale e della costruzione periodale. Tale costruzione influenza anche il cosiddetto “italiano regionale”, per esempio, con la tendenza a porre il verbo alla fine della frase (“Chi è?” “Io sono“) e, nell’area di Martano, a utilizzare un unico tempo perfetto per le azioni finite, indifferentemente da quanto tempo è passato dallo svolgimento dell’azione; Per esempio: “Che dicesti?” per “Che hai detto?“. È inoltre possibile operare una distinzione tra dialetto leccese e dialetto brindisino (simili tra loro) : in quest’ultimo anche la “e” non accentata (in particolare quando è in finale di parola) viene resa sempre con “i” (lu mari invece di lu mare), il gruppo “ll” viene reso con “dd” (cavaddu) anziché con il corrispondente suono invertito “ḍḍhr” (leccese cavaḍḍhru), il gruppo latino “str” rimane pressoché inalterato, mentre nel leccese viene reso con “sc” (“nostro” in brindisino è nueštru, in leccese nesciu), si nota la tendenza a troncare i verbi all’infinito, mentre il leccese si contraddistingue per non troncare mai le parole. Nel leccese infine non viene quasi mai pronunciata la lettera “v” (uluntà in luogo di vuluntà); in caso di incontro tra due vocali (specialmente se identiche) viene sostituita da una b : addù sta’ bbài?, “dove stai andando?” (Lecce). Un dialetto che si assomiglia è quello parlato a Avetrana che è di cadenza prevalentemente brindisina però presenta somiglianze al leccese: addò sta’ bbai? (Avetrana), uluntà (Avetrana).

Di particolare interesse antropologico sono l’ormai estinto fenomeno del tarantismo, una forma isterica di straordinario impatto scenico, e l’invece rimontante culto per la pizzica, la musica tradizionale e battente che un tempo accompagnava i riti di guarigione delle tarantate, cioè delle donne che si credeva fossero state morse dalla tarantola. In realtà, si trattava di un originale modo di manifestarsi dell’isteria. Nella pizzica pizzica tradizionale si balla in coppia. Una menzione particolare merita la tradizionale pizzica-scherma (detta anche “danza delle spade”, ballata alla festa di San Rocco il 16 agosto a Torrepaduli), in cui la pizzica assume ancor più chiaramente la forma di colonna sonora di uno psicodramma, di tipo maschile e “guerriero” piuttosto che femminile e “sensuale”. Negli ultimi anni quello della pizzica e della revisione formale del tarantismo ha assunto dimensioni di fenomeno culturale, al punto da farne il più caratteristico e famoso dei segni di riconoscimento del Salento, che esporta ormai ovunque, quasi come marchio di fabbrica, questa forma musicale.

Altra nota d’interesse è la cucina salentina, caratterizzata da numerosi piatti tipici, soprattutto a base di verdure e pesce, ed è accompagnata da famosi e pregiati vini DOC come il Primitivo di Manduria o il Negroamaro. Fra gli alimenti più tipici si distinguono i pezzetti, uno spezzatino di carne di cavallo al sugo piccante, e la pitta di patate, una pizza bassa di patate contenente una gran quantità di ingredienti vegetali, quali cipolle, rape, pomodoro. Tipico anche il pane con le olive chiamato puccia e, per quel che riguarda la gastronomia “da passeggio”, il rustico, una sfoglia sottile cotta in forno contenente un impasto di besciamella, mozzarella, pomodoro, pepe ed occasionalmente noce moscata. Altro alimento tipico di tutta la regione Puglia, sono le friseddhe o frise, ciambelle di pane biscottato fino a una consistenza di grande durezza, realizzato spesso con grano d’orzo e tagliato a metà cottura in senso orizzontale, che va ammorbidito mediante breve immersione in acqua e quindi condita con pomodoro, olio d’oliva, sale e origano. Diffuse anche sono le pittule (dette anche pettule o pettuli), frittelle di forma grossolana ripiene di rape, fiori di zucca, baccalà o senza ripieno che si gustano inzuppate nel vino cotto. Sono preparate soprattutto d’inverno. Molto rinomata è la pasticceria, più simile a quella siciliana che alla pugliese, in cui si distinguono il pasticciotto leccese , il fruttone, bocche di dama, pasta di mandorla e lo spumone salentino . Degno di nota è anche il “biscotto cegliese“, candidato per il riconoscimento di prodotto tipico DOP, a base di mandorle tostate, uova e scorza di limone, con varietà ripiena di marmellata di amarene o melecotogne e ricoperto da una glassa a base di zucchero e di cacao, con mandorle provenienti rigorosamente da Ceglie Messapica.

FONTE: WIKIPEDIA

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